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I libri
Profilo di una città etrusca
Vulci



Libreria Editrice Tellini
Pistoia (1980)


pag. 5


DOVE IL TEMPO SI È FERMATO

ino a pochi anni or sono, sulla snella torre del Castello dell'Abbadia si stagliavano contro il cielo di Maremma le fronde di un piccolo leccio arruffato e contorto. Così ridotto dai venti di tramontana, che spesso si spingono a spazzare la pianura desolata e spoglia, il curioso alberello costituiva la testimonianza più eloquente di una lunga incuria, cominciata probabilmente il giorno in cui l'antico maniero — eretto sulla sponda sinistra del fiume Fiora — cessò di essere dogana pontificia in seguito all'annessione dello Stato della Chiesa al Regno Unito d'Italia.
Oggi, quella visione di abbandono e di squallore non è più che un lontano ricordo. E l'edificio, dalla cui sommità il leccio si manifestava al visitatore in cerca di emozioni archeologiche e paesaggistiche nel cuore di una terra in grado di suscitarle a profusione, ha riacquistato la sua primitiva vitalità e assunto una funzione assai più nobile di ogni altra avuta prima: è diventato la sede del Museo Etrusco di Vulci.
Il flusso turistico, mosso dal richiamo di questa importante istituzione culturale (appartata e imprevedibile, ma quanto mai opportuna) si fa sempre più nutrito e vivace. Merito anche della recente realizzazione stradale che collega Manciano a Montalto di Castro e che ha sottratto dal secolare isolamento una zona — quella leggendaria di Montauto, legata al triste fenomeno del brigantaggio ottocentesco e alle grandi battute di caccia — permeata di un suo fascino particolare, di una solitudine e di un silenzio profondi, dallo spessore millenario.
Si giunge perciò al Castello dell'Abbadia — che si annuncia grigio nella piana apparente, dove il fiume Fiora scorre invisibile e muto nel suo letto ipogeo di macigno — già carichi di una sottile suggestione pastorale e naturalistica.
Le scure e solide mura dello sperduto monumento medioevale, la cui costruzione si fa risalire al XII secolo, aggiungono a questo sentimento palpitante il soffio emotivo della loro severa vetustà.

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