Libreria Editrice Tellini
Pistoia (1982)
pag. 14
[...]
a
Maremma è dunque cambiata. E non a torto (bisogna dirlo ad
onor del vero) sono in molti a dispiacersene. Giacché la
Maremma, la vera Maremma, era quella e non questa: ora
sfregiata, ora imbellettata, fatta oggetto, nell'uno e
nell'altro caso, di una violenza che mal si giustifica, se
non attribuendone il motivo al dilagante egoismo dei
giorni nostri, il più delle volte spinto oltre i limiti di
un giustificato desiderio di miglioramento sociale.
Fortunatamente, come accade di fronte al problema di una
specie in via di estinzione, i molti misfatti perpetrati a
danno del patrimonio naturalistico grossetano hanno aperto
gli occhi ai reggitori della cosa pubblica. E una
molteplicità di caratteri tipici della vecchia Maremma
hanno trovato un folto stuolo di strenui difensori.
Del resto, se proprio vogliamo essere sinceri, il
forestiero (ma anche l'indigeno) è suggestionato dalla
Maremma non tanto per quello che essa rappresenta oggi,
quanto per ciò che ha rappresentato nei tempi andati.
Basti vedere quale richiamo esercitano le fotografie di
Adolfo Denci e di Giuseppe Trombetti; basti considerare
come sempre più affannosamente si diffonda la ricerca di
pubblicazioni che della Maremma mitica, leggendaria,
ripropongano il senso profondo, i significati autentici
che ne hanno perpetuato il fascino e la poesia.
È infatti da questa letteratura, spesso vissuta prima che
scritta e scritta, in definitiva, perché vissuta, che si
delineano le dimensioni e lo spessore di quel microcosmo
di amarezze e di drammi, di vicissitudini e di accadimenti
singolari da cui la parola «Maremma» ha tratto le sue
risonanze e le sue vibrazioni più magiche e soggioganti.
[...]
|