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I libri
Maremma amara


Dagli Etruschi ai briganti
Storia, curiosità, folklore

Scipioni
Valentano (VT) (1989)

pag. 167




TUTTE LE CHIESE PORTANO ALLA CITTÀ
DEL PALIO
(L'ARTE SENESE NELLA MAREMMA GROSSETANA)

li storici e i divulgatori riferiscono spesso, e giustamente, che il dominio senese produsse effetti deleteri sulla Maremma, anche se bisogna riconoscere che la Repubblica della Lupa si mostrò non di rado preoccupata delle campagne deserte, dei paesi abbandonati, e promosse iniziative di ripopolamento nel tentativo, non sempre riuscito, di risollevare l'agricoltura dallo stato veramente precario in cui era caduta.
Tuttavia, non mancarono, nel corso di quel triste periodo, manifestazioni largamente positive. E queste si riferiscono soprattutto al settore dell'arte nelle sue varie espressioni: pittorica, scultorea, architettonica.
Dalla fine del XIII alla metà del XVI secolo non ci fu forse un solo paese del Grossetano che rimase estraneo alla produzione figurativa e monumentale dei maestri senesi. Tanto che oggi, specialmente nel campo della pittura, non c'è opera importante, nelle cattedrali e nelle pievi della Maremma, che non porti la loro firma, che non testimoni della loro bravura. Piccoli paesi sono depositari di stupendi capolavori che aggiungerebbero prestigio a qualunque più rinomato museo.
Ambrogio Lorenzetti è presente a Roccalbegna con tre tavole superbe (Madonna col Bambino, San Pietro, San Paolo); Giovanni di Paolo rappresentato a Ischia d'Ombrone, a Poggioferro e a Montenero con altrettante effigi della Vergine di grande finezza stilistica; Matteo di Giovanni adorna la chiesa parrocchiale di Montepescali con un affollato dipinto (Madonna e Santi) che, nonostante una certa durezza di modellato, è permeato di dolcezze fisionomiche; Benvenuto di Giovanni è celebrato a Saturnia per una Madonna e due Santi di singolare fascino arcaico; Girolamo di Benvenuto si fa ammirare nel conventi della Selva di Santa Fiora grazie ad un'imponente Assunzione della Vergine che si caratterizza per la vastità e l'ariosità del paesaggio in cui la Madonna troneggia; Sano di Pietro ha lasciato a Montorsaio una piccola, preziosa Madonna col Bambino; Neroccio di Bartolomeo è l'autore della delicata Vergine che si ammira nella chiesa della SS. Annunziata di Magliano in Toscana. E l'elenco potrebbe continuare a lungo, anche escludendo Massa Marittima e soprattutto Grosseto dove con Guido da Siena, Sano di Pietro, Neroccio di Bartolomeo, Girolamo di Benvenuto, Pietro di Domenico è forse concentrato il nucleo più consistente di dipinti.
Ma bisogna pensare anche alla pittura parietale, all'affresco, quando si esamina l'operosità degli artisti senesi, sebbene questo discorso introduca la nota dolente della distruzione che in passato fu impunemente perpetrata a danno di numerose chiese i cui cicli d’affreschi , estesi spesso a tutta la superficie templare, furono sepolti sotto una densa tinteggiatura di calce. E allora vien subito fatto di ricordare l'umile, ma fecondo Andrea di Niccolò che, vagando di paese in paese trascorse intera la vita ad abbellire con le sue Madonne e con i suoi Santi, con le sue scene bibliche ed evangeliche, le silenti pievi della campagna maremmana; a rendere solenne, fastosa, la quattrocentesca chiesa romanica di Montemerano; a comporre nelle nicchie della straordinaria chiesetta sovanese di Santa Maria, in Piazza del Pretorio, piacevoli raffigurazioni religiose. Allora non si può non immaginare, se non il Pinturicchio o il Perugino in persona, un loro seguace intento ad affrescare l'Oratorio della Provvidenza di Capalbio; oppure un allievo di Pietro Lorenzetti impegnato a decorare la secolare chiesa di San Martino a Magliano; oppure, ancora, il poeta-pittore Bartolo di Fredi (come lo definì il Berenson) mentre disegna scene di natività e di Epifania nell'abside della chiesa di San Michele a Paganico.
Fu un arco di tempo, quello a cui questi nomi e queste iniziative artistiche si riferiscono, davvero caratterizzato da una grande alacrità, tanto che se molta parte delle opere che vi furono realizzate non fossero andate irrimediabilmente perdute (come i Santi che fiancheggiavano la neroccesca Madonna di Magliano, la tavola di Civitella di Giovanni di Tedaldo, l'angelo dell'Annunziata di Montemerano) o non avessero preso il volo per altri lontani lidi (come l’Assunzione della Vergine di Benvenuto di Giovanni finita nel Metropolitan Museum di New York dal Convento della Grancia nel contado di Grosseto), oggi la Maremma potrebbe vantare una messe così vasta e importante di capolavori da far invidia, in questo campo, alle più quotate regioni d'Italia.
Purtroppo, nessuno potrà mai sapere quale sia stato il destino di molta parte di questo patrimonio prestigioso, che non era fatto solamente di dipinti, ma anche di arredi sacri, di antichi libri, di stendardi, di baldacchini, essi pure decorati dalla mano di quei bravi maestri del colore. Perché tutti sanno come la Maremma abbia conosciuto periodi talmente miserevoli, talmente squallidi e desolati che qualunque ruberia, qualunque spoliazione, qualunque atto vandalico possono esservi stati impunemente compiuti. […]
Considerata questa situazione ambientale e sociale, è quanto sorprendente che del patrimonio artistico maremmano non si sia fatto scempio integrale quando era facile depredarlo, maltrattarlo, lasciarlo andare in rovina, destinarlo a funzioni talvolta ignobili, come avvenne per una tavola della chiesa di Montemerano attribuita dal Nicolosi al Sassetta, poi dal Brandi ad un anonimo pittore accreditato di altre opere analoghe conservate a New York, Colonia, Firenze.
Forse il dipinto (La Vergine Annunciata) faceva parte, come portellone, di un armadio o di un tabernacolo. In ogni caso, appartenne sicuramente ad un mobile a due ante, in una delle quali era effigiato l'angelo che annuncia, nell'altra la Madonna. Ebbene, mentre dell'angelo non si è più trovata traccia, la Madonna è giunta fino anoi nonostante l'incredibile vicenda di cui fu protagonista.
Sembra, infatti (e lo testimonia l'ampio foro praticato nella parte inferiore della tavola, proprio sulla veste della Vergine) che il pievano l'avesse adibita a porta di un granaio o di una dispensa, dopo avervi ricavato un buco per rendere possibili le scorribande venatorie del gatto di famiglia.
Chi in tempi successivi la sottrasse a quel vile impiego non poté fare a meno di affibbiarle la denominazione che meglio poteva identificarla. E con popolare arguzia la chiamò la Madonna della Gattaiola dando vita non solo alla sua leggenda, ma anche alla sua fama che, in condizioni normali, sarebbe stata certamente più modesta e meno diffusa.
Il discorso su questo secolare dipinto della Scuola Senese del Quattrocento ci porta inevitabilmente a parlare della chiesa che lo accoglie) delle altre stupende opere che in essa sono custodite. Anche perché è veramente un fatto non comune che in un piccolo paese come Montemerano, località amenissima fra Manciano e le Terme di Saturnia', scelta dal regista Milos Forman per ambientarvi alcune scene del suo Amadeus, sia possibile incontrare un gioiello di chiesa come quella San Giorgio, consacrata dal vescovo fiorentino Antonio del Fede nel 1430 e divenuta centro d'arte fra i più attivi della Maremma.

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