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I libri
Lo sparviere della Maremma



Storia di Enrico Stoppa
il feroce brigante di Talamone (1834-1863)



Scipioni Editore,
Sturmundrang 6
Roma (1990)

pag. 71

FUGA IN EGITTO CON RIMPATRIO PUNITIVO

a storia della sua lunga assenza dai patri lidi, Enrico Stoppa la racconterà il 22 aprile 1862 al giudice Michelangelo Massarini nelle Carceri Nuove di Roma, dopo essere stato arrestato, sei giorni prima, dagli uomini dell'ispettore Valentini.
Secondo la sua deposizione, da prendersi ovviamente con beneficio d'inventario (considerato anche il fatto che egli affermò di aver ucciso i carabinieri per legittima difesa e non tendendo loro le imboscate di cui si parlava) i fatti si svolsero così.
Un giorno, alcuni maggiorenti di Orbetello lo informarono, tramite una persona di provata riservatezza, che avevano necessità di parlargli.
Fissarono il luogo dell'appuntamento e Righetto, vestito "alla cittadina", vi si recò completamente disarmato.
Gli interlocutori, venendo subito al sodo, gli fecero capire che la sua presenza nella zona era motivo di grande timore per gli abitanti di Talamone. E lo esortarono a lasciarli in pace; in poche parole, ad andarsene lontano.
Il bandito accettò il consiglio di costoro e, sprovvisto di qualsiasi documento, raggiunse Santa Severa, nello Stato Pontificio, attraverso le campagne di Montalto di Castro e di Civitavecchia. Qui, presentandosi sotto il nome di Giulio Lena, chiese e ottenne di lavorare come vaccaro nella fattoria di Bartolomeo e Sante Pescini.
Non appena assunto, si recò dal parroco del luogo, Don Domenico e, confidandogli di essere senza passaporto, lo convinse a rilasciargli un certificato attestante la sua condizione di lavoratore alle dipendenze dei suddetti fratelli.
Questo accadeva verso la fine di dicembre, quindi una diecina di giorni dopo il tradimento di Zanobi Fanciulli e l'assalto dei carabinieri alla capanna dell'Albetraia.
Trascorsi tre mesi, un signore di Civitavecchia lo mandò a chiamare e gli riferì che le persone orbetellane a lui note desideravano saperlo all'estero, magari in Turchia. Si provvedesse di un passaporto — dunque — e partisse per l'Oriente.
Ai denari per il viaggio avrebbero pensato loro. E non solo per quello.
Enrico Stoppa si rivolse allora al "ministro" dei fratelli Pescini, Biagio Anesini di Vignanello, trentacinque anni, e lo convinse a procurargli il documento.
Si recarono a Roma e, con la complicità di un avvocato, oltre che di un monsignore, ottennero dalla polizia pontificia, in data 10 maggio 1861, un lasciapassare per l'isola di Malta intestato a Giulio Lena.
Munito del foglio, il brigante raggiunse Civitavecchia, dove il fiduciario degli orbetellani, prima che s'imbarcasse, gli consegnò il biglietto del vapore e centodieci francesconi, circa seicentotrenta franchi.

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