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I libri
Leggende della Maremma e della Tuscia


L'immaginario collettivo in cento testimonianze religiose e profane
(Nuova edizione ampliata)

Scipioni,
Valentano (VT) (1999)

Disegno di copertina e disegni nel libro di Dino Petri

pag. 147


LA MADONNA DELLA QUERCIA

el 1417, un certo Battista Chiavaro di Viterbo, persona molto buona e devota, fa dipingere su una tegola, da un tal mastro Martello, soprannominato "Moretto", l'immagine della Madonna. Dopo aver praticato nella pianta un adeguato incavo, incastra poi il simulacro mariano nel tronco di una grande quercia che sorge nella vigna della cappella di Santa Maria Nuova, lungo la strada diretta a Bagnaia.
Col passar del tempo, alcuni rami dell'albero e i tralci di una vite che gli cresce vicino si aggrovigliano intorno alla tegola come a formare un piccolo tabernacolo vegetale atto a difenderla dai rigori delle stagioni.
La gente del popolo, transitando quotidianamente di lì per recarsi in campagna e non di rado a Viterbo, si affeziona presto a quella Vergine e non meno al Bambino che tiene fra le braccia, la cui manina destra stringe una rondinella. E non tarda a nutrire per entrambi una profonda venerazione suscitata, fra l'altro, da una serie di miracoli che fanno scalpore in tutto il territorio.
Proprio per la diffusa notorietà che il dipinto assume, un asceta, il senese Pier Domenico Alberti, non indugia a rimuovere la preziosa tegola dalla quercia, dove si trova ormai da decenni, e a trasferirla nel suo vicino romitorio.
"Ma l'immagine da esso involata - racconterà lo storico Feliciano Bussi - se ne tornò invisibilmente da sé medesima a ricollocarsi nel luogo primiero; della qual cosa sommamente meravigliandosi quel sant'uomo, conobbe per divine rivelazione, che quel sacro pegno dovea per tutti i secoli render celebre quella quercia, ed arricchire il mondo tutto di miracoli, e grazie".
Quanto accade al romito Alberti non dissuade tuttavia una pinzochera viterbese, Bartolomea, dall'emulare l'idea di appropriarsi della tegola.
La donna se la porta furtivamente a casa per constatare purtroppo – la mattina seguente – la sua sparizione, o, meglio, il suo ritorno nella sede naturale.
Di fronte all'evidenza dei fatti, anziché rassegnarsi alla rinuncia del sacro oggetto, la fanatica credente trafuga di nuovo il dipinto, lo chiude a chiave in un forziere con il solo risultato – il giorno successivo – di toccare con mano come la Madonna di mastro Martello sia tornata nel posto consueto.
Tutti questi fatti, che trascendono la realtà umana e terrena, ingigantiscono talmente la venerazione popolare per la Vergine della quercia da determinare un interesse profondo anche nelle autorità civili e religiose.
Nasce così l'iniziativa di costruire una chiesa di grande dignità architettonica là dove la Madonna voluta dal fabbro Battista ha dato chiari segni di voler rimanere.
È la stupenda basilica oggi visibile in località La Quercia a due chilometri da Viterbo e a quattro da Bagnaia, che deve le sue preziosità estetica e artistica, fra gli altri, ad Antonio da Sangallo il Giovane, Andrea della Robbia, Ambrogio da Milano, Bonaventura Borghese da Città di Castello, Andrea Bregno, Monaldo Trofi e Michele Tosini, meglio conosciuto come il "Ghirlandaietto", decoratore dell'edicola marmorea contenente la porzione di quercia in cui è incastonata la miracolosa tegola dipinta.