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I libri
Avvenne in Maremma


Guerre di conquista, lotte intestine, episodi di violenza
e di sanguinaria follia, figure nobili e ignobili
di una terra tormentata


Aldo Sara Editore,
Collana "Le Antiche Dogane" n° 1
Roma (2001)


pag. 232

NEL 1849 LEOPOLDO II ORDINÒ LA CATTURA DEL CANONICO CHELLI

l pari di tanti illustri maremmani del tempo che fu, anche Giovanni Chelli, il fondatore della "Biblioteca Chelliana" di Grosseto, era un immigrato, non da molto lontano, comunque, perché proveniva dalla vicina Siena, nato nella Città del Palio il 5 novembre 1809 (secondo Silio Parronchi il 9 settembre, "La nazione", 15 ottobre 1967), quando si trasferi a Grosseto con tutta la famiglia per trascorrervi il resto della sua non lunghissima vita aveva appena dodici anni.
Indossato l'abito talare, fu, fino al 1831, uno dei chierici dell'Opera del Duomo. Dopo di che si iscrisse all'ateneo senese, dove completò gli studi nel 1835 laureandosi in teologia. In quello stesso anno fu ordinato sacerdote e divenne canonico, oltre che penitenziere, della Cattedrale di Grosseto. Essendo un uomo buono e dotato di vasta cultura, avrebbe certamente potuto compiere una brillante carriera ecclesiastica se lo spirito patriottico che lo animava non gli avesse tarpato le ali. Decisamente contrario al potere temporale dei papi, sostenitore accanito delle dottrine liberali, fu osteggiato dal granduca di Toscana. Fra il 1848 e il 1849, partecipò attivamente agli avvenimenti politici che costrinsero alla fuga Leopoldo II di Lorena ("Canapone") e portarono alla costituzione di un Governo Provvisorio presieduto dal livornese Francesco Domenico Guerrazzi, a cui si unirono Giuseppe Montanelli di Fucecchio e Giuseppe Mazzoni di Prato. In questo periodo, Giovanni Chelli fu cappellano del primo reggimento. Ma, all'indomani della restaurazione lorenese, avvenuta il 12 aprile del 1849, contro di lui e un altro sacerdote grossetano, Federigo Riccioli, che aveva le sue stesse idee politiche, venne emesso un mandato di cattura. A spiccarlo fu Leonida Landucci, ministro granducale dell'interno, che lo fece pervenire al prefetto di Grosseto.
Naturalmente, quando l'ordine d'arresto giunse a destinazione, i due religiosi – avendo subodorato il pericolo che li minacciava – si erano già eclissati. Il che indusse i responsabili della legge ad allertare tutte le autorità politiche della Toscana, tramite il delegato straordinario di Livorno, Primo Ronchivecchi, affinché effettuassero immediate ricerche per assicurare alla giustizia i due ecclesiastici, che dovevano essere accompagnati alle carceri della direzione degli Atti Criminali di Siena. Allo scopo di facilitare le "diligenti investigazioni", in data 28 maggio 1849, il prefetto di Grosseto diffondeva nelle sedi opportune i connotati dei due fuggiaschi.
Ciò ci offre la possibilità di conoscere le caratteristiche fisiognomiche di colui che fonderà la "Biblioteca Chelliana" di Grosseto e quelle del suo più giovane confratello. Eccole: "1. Chelli Giovanni – età 35 anni circa (ne aveva, invece, quaranta, n. dell'a.) — complessione media – statura vantaggiosa – carnagione bianca – capelli neri – occhi chiari – naso alquanto camuso – fronte spaziosa – viso piuttosto tondo; suol portare due piccole campanelle d'oro agli orecchi. – 2. Riccioli Federigo –età 26 anni circa – piuttosto pingue – statura giusta – carnagione scura – capelli neri – occhi castagni – naso regolare – fronte giusta – viso pieno e tondo – ha tuttora qualche macchia nel viso per il vaiolo arabo recentemente sofferto".
Le ricerche risultarono vane, perché, almeno il Chelli, non si nascose in qualche luogo della Toscana. Secondo Tullio Mazzoncini, che il 9 febbraio del 1969 scrisse per "La nazione" l'articolo Uno schedario indispensabile alla Chelliana, egli trovò rifugio nello Stato Pontificio, a Montalto di Castro.
Dieci anni dopo, nel 1859, capeggiò il movimento liberale di Grosseto. Si racconta che, per contribuire alla storica sottoscrizione della Società nazionale, fondata a Torino nell'agosto del 1857 con la precipua finalità di attrarre nell'orbita della politica piemontese i patrioti d'ogni parte d'Italia, anche di tendenze ideologiche diverse, mise in vendita la catena dell'orologio e le Fibbie d'argento delle scarpe.
Il suo fervente patriottismo lo rese amico di Bettino Ricasoli, il "Barone di ferro", e di Vincenzo Salvagnoli (1802–1861), che, all'indomani della cacciata definitiva del granduca, furono rispettivamente presidente della Giunta provvisoria e ministro del culto.
[...] tre anni prima di incorrere nelle ire di "Canapone" e di essere braccato dalla sua polizia, il Chelli scrisse testualmente nella prima pagina del suo libro: "nella circostanza memorabile in cui gli abitanti delle Maremme Toscane mossi da sincera gratitudine verso il loro Principe Leopoldo Secondo per le gigantesche opere di Bonificamento inalzavano, onde eternarne la gloria, una Statua colossale nella maggiore Piazza di Grosseto; un ammiratore del Genio benefico di sì grand'uomo ha cercato di ritrarre in queste pagine i sentimenti che nel suo cuore ebber vita allo scoprirsi del marmoreo Monumento".
Dunque, se nel 1849 il Chelli era fortemente contrario a "Canapone" e alla sua politica, tanto da indurre il granduca a spiccare nei suoi confronti un mandato di arresto, nel 1846 ne aveva ammirato il genio e, nella dedica epigrafica, l'aveva definito "Principe immortale", "Benefico Leopoldo Secondo", inneggiando alla sua opera di risanamento delle aree palustri che, "dopo venti secoli di affanni", aveva restituito alla Maremma il suo antico splendore.
Ma, lasciando da parte il suo atteggiamento politico, che a noi sembra non privo di una certa ambiguità, bisogna riconoscere a Giovanni Chelli un grande merito per il quale è degno di una gratitudine imperitura: quello di aver raccolto durante ia sua vita, con l'ardente passione dello studioso e del bibliofilo che lo distingueva, un vasto e prezioso patrimonio librario; e di aver fondato la civica biblioteca di cui oggi la cultura maremmana può godere i frutti. Essa, che porta giustamente il suo nome – "Chelliana" – fu inaugurata nel 1860 e donata al Comune di Grosseto cinque anni più tardi, il 30 marzo del 1865. Erano cinquantamila le opere che conteneva, registrate l'anno successivo. Un numero davvero imponente, se si considera che non una pubblica amministrazione le aveva collezionate, ma un privato cittadino, pazientemente, titolo dopo titolo, impegnando il proprio denaro o raccogliendo gli omaggi degli studiosi con i quali intratteneva rapporti di amicizia. Giovanni Chelli svolse le funzioni di bibliotecario fino al 1869, anno della sua morte. Dopo di lui si succedettero nella responsabilità dell'istituzione – alcuni riconfermati più volte – G.B.Ponticelli, Agostino Barbini, Giovanni Pizzetti, Alfredo Segré, Lorenzo Porciatti, Antonio Cappelli, Maria Emilia Broli (1939 – 1952), Luciano Bianciardi (1952 – 1954), Aladino Vitali (1954 – 1985), Mariagrazia Celuzza (1985 – 1990), che iniziò il recupero del fondo bibliotecario antico. Attualmente, la direzione è affidata a Valerio Fusi*, che da oltre dieci anni – proseguendo il lavoro dei suoi predecessori – si prodiga con risultati lusinghieri nell'opera di valorizzazione di questa prestigiosa realtà culturale maremmana.

[...]

*Dal 2016, il direttore della Chelliana è Anna Bonelli.