Fasti e nefasti dal mare alla montagna
Stampa Alternativa,
Eretica
Viterbo (2004)
pag. 182
[...]
a
Maremma, secondo gli esperti, è una realtà territoriale
delicata, sensibile. Quando ci si muove al suo interno, se
non si agisce con le debite cautele, può accadere che si
commettano danni enormi e irreparabili. Perciò, chi è
stato investito di un incarico pubblico non deve mostrarsi
arrogante, presuntuoso, ma animato dal desiderio di
prendere decisioni che soddisfino le esigenze collettive
non quelle di poche persone solitamente mosse da
motivazioni speculative.
Purtroppo, sembra che così non accada. Ogni volta che si
leggono i quotidiani, si è presi dal timore e dallo
sconforto. È raro il caso in cui non si apprendano notizie
di programmi urbanistici, di piani regolatori, che non
siano avversati dalle minoranze politiche degli enti
pubblici a ogni livello e dalle battagliere associazioni
ambientaliste.
Se questo avviene, è segno che la Maremma corre pericoli
di ulteriori sfregi a ogni pie sospinto; vuol dire che il
rischio di scelte imprudenti e inopportune è sempre in
agguato. Si ha la sensazione che vengano adottate
deliberazioni di grande responsabilità non per prendere
decisioni importanti e risolutive di indilazionabili
problemi collettivi, ma per dimostrare di essere stati
attivi, decisionisti, magari con inconfessabili intenti
demagogici, propagandistici.
Amministrare non vuol dire fare molte cose; significa
portare a compimento quelle necessarie e, soprattutto,
realizzarle bene, con criterio, con raziocinio,
nell'interesse di tutti. Accade invece che in tutta la
Maremma echeggiano spesso le rimostranze di chi è
fortemente allarmato per i danni ambientali,
naturalistici, paesaggistici e monumentali che si
perpetrano o che si avrebbe intenzione di perpetrare;
anche se quelli che devastano l'area territoriale di
Saturnia - una volta splendida - avvengono nel silenzio
più assoluto sia delle minoranze amministrative, sia delle
associazioni ecologiste.
A Manciano, fra un diffuso dissenso della cittadinanza e
dei forestieri più affezionati al paese, ad una piazza del
borgo antico che ha conosciuto secolari manifestazioni di
popolo, si è voluto sovrapporne un'altra moderna, la cui
struttura appare estranea al tradizionale concetto di
piazza (in latino platea, via larga). Circostanza
che ha fatto osservare ("La Nazione", 30 aprile 2002)
anche Mario Attorre, un signore che trascorre lunghi
periodi nel paese maremmano. «È con profonda contrarietà
che tornando a Manciano - egli scrisse al Sindaco del
Comune e all'allora Sottosegretario Sgarbi - ho sbattuto,
è proprio il caso di dire, nell'intervento che
l'amministrazione ha predisposto per la "sistemazione" di
piazza della Rampa. Quel bastione in cemento armato
disposto come un pugno nello stomaco al passante e in
profondo contrasto con la rampa, elemento dinamico e
qualificante per la sua forma, qualità materica e
significato d'invito a proseguire la salita verso la
sommità del colle. Lo stravolgimento delle quote della
piazza, la costruzione di episodi architettonici come
scalette, muretti e il banalissimo trattamento della
pavimentazione hanno così reso incongruo il tessuto urbano
di questa piazza. Sono convinto che nei nostri centri
storici gl'interventi debbano essere di manutenzione e
conservazione e quanto mai rispettosi dell'esistente e non
dar luogo a gesti urlati che sono segno della nostra
presunzione».
Ma a Manciano - come se il paesaggio, l'ambiente, i luoghi
panoramici, fossero aspetti insignificanti nel contesto di
una realtà sociale - si è perfino arrivati a deturpare con
una serie di costruzioni non abitative la sommità di una
collina, quella di San Giovanni, attraversata da una
strada panoramica come poche altre in Maremma,
un'antichissima dogana, percorrendo la quale l'occhio può
spaziare da un lato fino a Montecristo e alla Corsica,
dall'altro sulle valli dell'Albegna e della Fiora che
declinano dalla gigantesca mole selvosa dell'Amiata.
[...]
|