Storia di Margherita Aldobrandeschi
e dei suoi cinque mariti
Edizioni Effigi
Parole e memorie/Tradizioni e folklore 19
Arcidosso (GR), 2008
Illustrazioni di Cinzia Bardelli
pag. 73
X
facile
immaginare quale terribile periodo deve aver trascorso
Margherita, dopo essere stata spogliata del feudo, ammesso
poi che fosse potuta tornare libera a Sovana dalla
prigionia nella Rocca di Piancastagnaio. Quale dolorosa
esperienza fosse stata il ritrovarsi sola e sconsolata per
una nobildonna adusa come lei alla grandeur della
propria famiglia dai remoti natali, figlia unica dell'eroe
di tante battaglie combattute per la causa guelfa,
Ildebrandino il Rosso; ex moglie del vicario angioino in
Toscana, conte Guido di Montfort, cui aveva dato due
figlie; ex moglie del conte Orso Orsini, fratello del
cardinale Napoleone Orsini; ex moglie del pronipote di
Bonifacio VIII, conte anche lui, sebbene Conticino; ex
moglie del conte Guido di Santa Fiora, suo biscugino;
tuttora, suo malgrado, moglie dell'incorreggibile Nello
Pannocchieschi della Pietra.
Passare da questa realtà a quella che le toccava vivere in
una quotidianità fatta di disagio morale e d'asprezze
esistenziali, deve aver costituito per lei un grande
strazio, un'ambascia senza confine. Probabilmente le
rimase l'affetto di qualche anziano della sua servitù che
l'aveva vista nascere e crescere e che ora, nel frangente
in cui si trovava, si era avvicinato a lei per cercare di
risollevarla dalle sue pene, dalle sue delusioni, dai suoi
cattivi pensieri che dovevano diventare incubi nelle
solitarie notti sovanesi.
Questo, e non altro, doveva essere il senso, anzi il
nonsenso, l'assurdità, delle sue giornate, delle giornate
di una donna che dalle molte incombenze di cui era solita
spesso occuparsi, con i mariti che andavano e venivano
dalla guerra, era costretta a spendere nell'ozio le ore
del suo tempo, lento, insopportabile, capace soltanto
d'insistere odioso, col peso enorme di un destino
inverosimile sul suo presente, sul suo futuro.
Specialmente sul principio della sua nuova vita da
diseredata del feudo paterno, ella dové assoggettarsi
all'umiltà, piena di privazioni, propria del ceto
popolare, dei sudditi. Tant'è vero che una femmina
spregiudicata, il cui aspetto aveva qualche somiglianza
con lei, andava girovagando per il territorio della contea
a farsi compatire, a suscitare commiserazione, a incitare
i sudditi a ribellarsi al giogo d'Orvieto.
Era stato un grottesco stratagemma di Nello, allo scopo di
creare confusione per essere più libero di compiere nel
territorio le sue folli rapine. Si tratta di un fatto
vero, quanto incredibile, documentato da una lettera –
conservata nella Biblioteca Nazionale di Torino – che il
cardinale Napoleone Orsini inviò a Orvieto, a Siena e a
tutti i signori della Marittima, dopo che questo stretto
parente di Margherita era personalmente intervenuto per
far sì che cessassero quelle esibizioni menzognere e
truffaldine.
|