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Pezzo su «L'orgoglio» per la radio
di Alfio Cavoli

er la piccola collana dedicata ai sette vizi capitali dei Maremmani, decidemmo con l'Editore Quatraro di Orbetello che, per quanto mi riguardava, dovessi occuparmi dell'orgoglio, in sostituzione della superbia. Ritenevamo - e riteniamo - infatti che la superbia sia una qualità dell'animo umano non consona al sentire del Maremmano vero, quello che discende da generazioni di uomini forti, tenaci, «Eroi di Maremma », come li chiamò l'artista mancianese Paride Pascucci in un suo famoso dipinto che oggi si trova nella sede centrale della Cassa di Risparmio di Firenze, lodato da Dario Durbé che lo definì ricco di pathos.
Uomini che trascinarono una vita tremenda, simile in tutto a quella degli animali, e che spesso s'immolarono per il riscatto di una terra avara e ostile, velenosa e traditora, dove le terzane e le perniciose ti sciagattavano e ti schiantavano fior di gioventù, come la definì lo scrittore livornese Guelfo Civinini che tanto amò la Maremma.
Uomini che per questo riscatto soffrirono in silenzio e in silenzio donarono la vita, come le vittime delle grandi bonifiche portate a compimento da Pietro Leopoldo e da Leopoldo II di Lorena nel Settecento e nell'Ottocento per prosciugare le mefitiche paludi di Castiglione della Pescaia, di Scarlino, di Massa Marittima.
I discendenti di questi uomini valorosi - che oggi costituiscono ormai una parte esigua della popolazione maremmana - possono ben dirsi orgogliosi di appartenere alla terra che fu dei butteri e dei briganti, del latifondo e della disoccupazione, della malaria e della morte. Perché oggi la Maremma - lo possiamo affermare senza ombra di retorica - si è trasformata da inferno in paradiso, da terra oltremodo nemica in terra ospitale. E lo prova il gran numero di persone importanti - i così detti Vip - che vi affluiscono sempre più numerose, moltissime delle quali hanno voluto acquistarvi una casa per trascorrervi in pace i weekend e i periodi di vacanza, immersi in un territorio incontaminato, ricco di bellezze naturalistiche e paesaggistiche. Una terra, dunque, la Maremma, di cui si può andare veramente orgogliosi. Ma ogni centro abitato che la costituisce, piccolo o grande che sia, paese o città, ha i suoi buoni motivi per essere orgoglioso. Motivi che possono derivare da uno o più personaggi illustri, da una o più opere d'arte, da uno o più monumenti del remoto passato, non difficili da ostentare - questi ultimi - in un territorio, come quello maremmano, dove la civiltà etrusca ha lasciato le sue tracce inconfondibili, anche nel paesaggio e nell'ambiente, da Vulci a Statonia, da Pitigliano a Sorano, da Sovana a Saturnia, da Roselle a Vetulonia. Per quanto riguarda le persone note o famose di cui essere orgogliosi, non vi è località che non ne possa vantare. Manciano va orgoglioso di Pietro Aldi e Paride Pascucci, i due pittori più importanti della Maremma fra Ottocento e Novecento, il primo autore del noto «Incontro di Teano»; Pitigliano, del grande paesaggista settecentesco Francesco Zuccarelli; Sorano, del letterato e poeta Manfredo Vanni; Semproniano, di entrambi i genitori del grande poeta Mario Luzi; Pari, del padre di Federigo Tozzi; Orbetello, del famoso mago internazionale Joseph Finetti e di Jacopo Gelli, autore di innumerevoli pubblicazioni, fra cui il «Codice cavalleresco italiano »; Isola del Giglio, dello scrittore Raffaello Brignetti; Talamone, dell'Ammiraglio cinquecentesco Bartolomeo Peretti, che ebbe l'ardire di distruggere la villa del celebre pirata Kayr-ed -Din a Mitilene, nell'isola di Lesbo; Sovana, del grande papa Gregorio VII, appartenente alla famiglia Aldobrandeschi; Grosseto, fra gli altri, di Luciano Bianciardi; Massa Marittima, di San Bernardino da Siena; Santa Fiora, di Padre Ernesto Balducci; Gavorrano, di Giuseppe Bandi, patriota e storico dei Mille, nonché di Piero Fanti, direttore generale di Telespazio, l'uomo che contribuì in maniera decisiva al successo mondiale delle comunicazioni via satellite; Giuncarico, di Randolfo Pacciardi e di Mario Grossi, l'inventore del guinzaglio satellitare; Casal di Pari, di Aurelio Galeppini, in arte Galep, il creatore di Tex Willer; Arcidosso, del profeta dell'Amiata David Lazzaretti. E qui mi fermo per non tediare ulteriormente gli ascoltatori, sebbene sia dispiaciuto di dover passare sotto silenzio altre decine di persone che alla Maremma hanno dato in ogni tempo lustro e prestigio. Ma gli orgogli dei maremmani veri, descritti nel mio libro, sono determinati anche da motivi completamente diversi - moltissimi - da quelli che ho fin qui enumerato. Così, l'idea di sviluppare questo tema, suggeritami dall'Editore Quatraro, mi ha offerto la gradita possibilità di compiere un excursus storico, geografico, artistico, archeologico, ambientale, paesaggistico, monumentale, bio-bibliografico, su tutto il territorio maremmano per ricordare anche a tutti coloro che veri maremmani non sono, perché affluiti in massa nella provincia di Grosseto dall'ultimo dopoguerra in poi - (anche se ben accetti e rispettati, naturalmente), quale sia la ricchezza culturale della loro terra di adozione e, soprattutto, quale sia stato il cammino, difficile, faticoso, penosissimo, che ha potuto trasformarla in uno degli angoli più belli e più ammirati della Toscana e d'Italia. Ci vorrebbe in ogni provincia un excursus come questo, specialmente in una società multietnica come la nostra dove l'integrazione si può raggiungere anche attraverso la profonda conoscenza delle nuove patrie, dove gli uomini di ogni più diverso paese potranno affratellarsi, vivere insieme, soltanto se riusciranno a farlo mediante la reciproca comprensione e accettazione delle culture e delle religioni alle quali rispettivamente appartengono.