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"Addio
Maremma bella" di Alfio Cavoli*
di Arnaldo Tonioni
(Ingegnere e Colonnello in c.a. Aeronautica
Militare presso Bari, Taranto, Viterbo, Bracciano,
Grosseto, in pensione. Di Sovana.) |
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l
20 agosto scorso, a Santa Fiora, in un'antica villa,
ristrutturata ed adattata ad albergo con una sensibilità ed
un rispetto per l'ambiente rimarchevoli proprio perché
contrapposti all'andazzo umperante, Alfio Cavoli ha
presentato il suo ultimo libro "Addio Maremma bella". Devo
dire che non mi piacciono molto le "presentazioni"' di
libri, soprattutto quelle estive "pro turismo", in cui
critici agiografi e laudatores di bassa piaggeria profondono
senza risparmio meraviglia e stupor genii. in totale
"corrispondenza di amorosi sensi".
Per farla breve, i libri preferisco leggermeli, e ricrearmi
dalla lettura un'immagine del mondo e del modo di sentire e
di pensare dell'autore. In questo caso, ha prevalso la
curiosità di conoscere di persona lo scrittore mancianese.
per l'impressione molto favorevole ricavata dalla lettura di
suoi libri sulla vita e sulla storia della Maremma, sia per
la correttezza e la padronanza dello scrivere e per la
serietà con cui si documenta e ricerca le fonti, che per
quella autentica “passione” per la “maremmanità”, intesa
come tutto ciò che attiene alla cultura, alla storia e alle
leggende della nostra terra ed alla vita presente e passata
dei maremmani, che trabocca da quei libri, e che anch’io
sento profondamente. Affine, sodale soprattutto per l'amore
ed il rimpianto per quella millenaria cultura contadina e
paesana che è fiorita per secoli, unica ed irripetibile, e
purtroppo scomparsa, in quel microcosmo che va dall'Amiata
al mare, lungo le valli dell’Orcia e del basso Ombrone, del
Fiora e dell'Albegna, che è stato anche il mio personale
"mondo compiuto" infantile, l'universo di riferimento che mi
ha forgiato mentalità e carattere.

Ma sono tutt'altro che un
acritico entusiasta di quel passato mondo che il rimpianto
ingentilisce, ma di cui non posso dimenticare le
tribolazioni e le miserevoli condizioni di vita. Sento
ancora la pena per la miseria totale, fino all'inedia per
fame, dei più sventurati, che pure sopravvivevano per
l'istintiva, vera solidarietà di quelli che. spesso, avevano
ben poco più di loro. Sento ancora il dolore dei geloni a
dita ed orecchie dell'inverno, la fatica quasi bestiale
delle faccende agricole sotto l'implacabile sole estivo, il
terribile amaro della pasticca di chinino (di Stato)
quotidiana, obbligatoria a Sovana, che bisognava deglutire
in fretta perché non devastasse la bocca per l'intera
giornata. Insomma, sono convinto che il progresso che ha
portato benessere e ricchezza sia stato un bene, che
giustifica una perdita anche non marginale di quelle
peculiarità che caratterizzavano ambiente e vita della
Maremma patriarcale.
Ma solo quando il rapporto fra benefici ottenuti e perdite
sia corretto, e la perdita di identità o di peculiarità non
sia altrimenti evitabile. Ho quindi una profonda diffidenza
contro i difensori della natura e dell'ambiente ad ogni
costo, compreso quello di far sparire l'uomo dalla faccia
della terra, che considero solo ecoterroristi, talvolta
neppure esenti dal sospetto di interessi occulti. Sono
completamente solidale, invece, con chi voglia uno sviluppo
compatibile, attento all'equilibrio fra costi e benefici. E
convinto che, per l'ambiente, la bilancia deve sempre
pendere verso quest'ultimo, perché l'ecosistema, che la
natura ha forgiato nei secoli, spesso con l'intelligente
aiuto dell'uomo, è irripetibile, quindi troppo prezioso per
essere violato a cuor leggero.
Dal titolo del libro, mi era venuto il timore che seguisse
il filone da cui dissento. È stato quindi con piacevole
stupore che ho ascoltato Cavoli, che, sia pure con angolo
visuale diverso su alcune cose, come le infrastrutture
viarie, esprimeva, con passione ed autentica partecipazione,
concetti che condivido largamente. Il suo libro, che non ho
ancora finito di leggere, ma su cui spero di poter tornare
per parlarne più approfonditamente, è innanzitutto una
rievocazione, nostalgica ed appassionata, della vita
contadina e paesana della sua infanzia e prima giovinezza,
di quella gente povera ma piena di fantasia e voglia di
vivere, dotata di una sua filosofia spicciola eppur
profonda, funzionale alla vita della comunità, e permeata di
autentici, genuini valori morali. Senza nasconderne
difficoltà ed angustie, con comprensione e sentita
partecipazione.
La seconda parte del libro affronta il tema più spinoso,
quello degli scempi gratuiti, dei mostri ecologici sorti a
deturpare l'ambiente. Con esempi incredibili, come quello
dell'albergo moderno a tre piani a pochi passi dal Duomo di
Sovana, di cui avevo visto, a fine anno, in una per me
tristissima circostanza, il recinto di plastica rossa
intorno all'area da cui dovevano emergere le fondazioni. Uno
scempio, uno stupro, un vero vulnus alla sacralità del
luogo, a deturpare per sempre uno degli angoli più belli
della Maremma, una sconcia bestemmia urlata in quell'aura di
silenzio senza tempo che circonda la stupenda casa del
Signore e che tanto contribuisce al suo inimitabile fascino.
Come è possibile, si chiedeva, infervorato dall'indignazione
Cavoli, che sia avvenuto, ed è quello che dovrebbe chiedersi
ogni maremmano che ami la sua terra e si preoccupi del suo
futuro. È possibile che un povero sindaco, negato ad ogni
soffio dell'arte e della bellezza, si sia lasciato
abbindolare da un maneggione che abbia usato l'offa dei
posti di lavoro che l'albergo comporterà (perché può darsi
che arrivi qualche barbaro turista malamente arricchito, che
non ci farà caso, anzi sarà contento di ingozzarsi e ruttare
a ridosso di uno dei principali monumenti del nostro
passato, ma quanti se ne andranno sconcertati ed inorriditi
per non tornare mai più?), ma come è possibile che la
sovrintendenza abbia acconsentito, che nessun cittadino
protesti, che nessun magistrato intervenga, che il parroco
ed il vescovo di Pitigliano non abbiano niente da dire?
[...]
*Tratto
da: Lo Spicciolo nuovo n. 16 - 11 Settembre 2004,
Politica e società, «Riflessioni in libertà, La
crisi del turismo estivo». |
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