on so se
questo sia l'anno fortunato di Alfio Cavoli; certo è che,
nel breve volgere d'un mese, due riconoscimenti hanno
coronato la sua lunga, fruttuosa milizia culturale e
letteraria. Non lo metterò in imbarazzo, costringendolo a
dichiarare quale dei due – il Premio Città di Montalto,
conferitogli pochi giorni fa, o l'odierno Grifone
d'Oro – lo abbia maggiormente soddisfatto e
ripagato, anche perché – a ben considerare – entrambi si
fondano su una motivazione che scaturisce da una identica
sorgente: l'amore, la devozione direi, per la propria
terra. È appunto questo sentimento – che è una
rivendicazione e una affermazione di dignità della
Maremma, confortata da una seria ricerca di valori e di
retaggi storici e culturali – la "cosa" non tanto segreta
alla quale Cavoli si è costantemente ispirato e dalla
quale ha tratto vigore. Si è, così, adoperato a
ricostruirla prima nel cuore, per se stesso, per farne poi
dono e rivelazione agli altri, libro dopo libro, argomento
dopo argomento, con la diuturna applicazione di un
"minatore della memoria", che sa di trovare, sotto la
crosta e le sedimentazioni del tempo, sotto le goffe
banalità dell'immagine cristallizzata nello stereotipo
consumistico, un tesoro genuino e originale, proprio
perché originario e autoctono. Questo spiega, anche, la
sua stupefacente prolificità che non è soltanto eclettico
rifacimento o ricompattazione di una trama di conoscenze
disperse ma sempre a portata dì mano o una captazione da
fonti disparate, bensì – sia pure nella diseguaglianza
inevitabile in tanta ricchezza bibliografica – vivacità e
vitalità che danno il segno pieno di un estro creativo. La
Maremma di Alfio Cavoli – la nostra Maremma – non è
semplicemente una "espressione geografica" ne una casuale
"terra di elezione" che invita al bozzetto naturalistico
di un Fucini o di un Niccolini: è invece, sangue e vita...
il riporto di generazioni e di eventi più o meno oscuri,
il crogiolo e il crocevia di tante storie diverse che,
alla fine, si amalgamano e si incanalano nella grande
storia comune, con una loro rappresentatività e un loro
spessore autentico ed importante. Per Dante, la Maremma –
quella striscia selvaggia e invivibile tra Cecina e
Corneto – era e resta una "espressione geografica", ma
Dante non era maremmano e possiamo quindi scusarlo, e
comunque non è poco vanto poter esibire, all'occorrenza,
citazioni dalla "gran madre" della letteratura italiana…
Qui siamo, sentimentalmente almeno, ad un livello più alto
e profondo: Cavoli guarda e percorre la Maremma dal "di
dentro", perché sente – così come gli intellettuali del
Settecento e dell'Ottocento dovevano cimentarsi nel tour
d'Italie per coronare e suggellare la loro maturità
e rinnovare e arricchire la linfa dell' ispirazione – che
proprio in questo viaggio a ritroso, fino alle radici, sta
il compimento, necessario e imprescindibile, dell'opera
sua. È dunque evidente che questo impegno, ormai
trentennale, di scoperta e di riscoperta sottintende una
fiera certezza e una orgogliosa ostentazione di valori
autentici e preziosi, che vale la pena di investigare e
catalogare accuratamente e di condividere con altri. In
questa operazione silenziosa e modesta, Cavoli si affianca
a molti altri che, per quanto di estrazione ed esperienza
diverse, hanno seguito lo stesso cammino, nel solco di una
tradizione, non improvvisata o presuntuosa, tesa a
definire la Maremma come una "entità" reale e vivente, ben
provvista di legittimi titoli storico-culturali di
identità.
E se anche il concetto di "maremmanità" fosse
una pura illusione, sarebbe ugualmente utile e, per
questo, meritevole di protezione e nutrimento, poiché
agirebbe in ogni caso quale positivo parametro di
riferimento e quasi "codice genetico", impegnandoci tutti
e sempre a confrontarci con ciò che siamo o che presumiamo
di essere e quindi a difendere e a salvare, per chi verrà
dopo, il meglio di noi e della nostra terra.
Da sinistra:
Alfio Cavoli, Lamberto Ciani (Presidente della Provincia
di Grosseto), Loriano Valentini (Sindaco di Grosseto ),
Antonio Nepi (Presidente della Pro Loco di Grosseto),
Tommaso Bernardini (Presidente dell'A.P.T.di Grosseto)
Dobbiamo preoccuparci, io
credo, e proporci di tenere fermi gli elementi che
concorrono a costituire il nostro mondo reale e ideale,
anche perché viviamo, oggi, sicuramente una fase di
indubbio progresso e di trasformazione, nella quale
tuttavia la informazione prevale sulla formazione, con
effetti distruttivi: il consumo delle notizie, nel
loro convulso accavallarsi e sovrapporsi, è
spaventosamente rapido e istantaneo. tanto da proiettarci
in una strana dimensione atemporale, in cui tutto è già
accaduto e tutto deve ancora accadere. Per questo fermarci
un po' a riflettere e a riconsiderare chi e che cosa siamo
è anche una terapia salutare, ritemprante e intelligente.
Il conferimento del "Grifone d'Oro 1992" a Alfio
Cavoli vuole significare anche il giusto riconoscimento
del grande contributo che egli, goccia a goccia, ha dato
allo “scavo" di noi stessi, riconducendoci per mano alla
soglia della nostra identità sociale e culturale, alla
spiegazione delle nostre tradizioni, all'humus fecondo
della "maremmanità” nella quale – così come Ungaretti nei
fiumi che hanno segnato i passaggi salienti della sua vita
– ci riconosciamo "docili fibre dell'universo". In
migliaia di pagine, fatti, cose, personaggi – buoni e
cattivi – della nostra terra, le diverse tappe del suo
lento progresso si sottraggono agli esaurienti ma aridi
canoni della erudizione per farsi, come dicevo frammenti
di "memoria collettiva" e quindi lezione esemplare ed
efficace che ci aiuta a capire e a capirci meglio. Che è
in fondo il fine massimo che si richiede alla vera
cultura. Voglio dire insomma, che oltre alla quantità e
alla qualità della produzione letteraria di Cavoli –
fattori necessari ma di per sé non sufficienti a "reggere"
il peso del premio – noi abbiamo soprattutto inteso
evidenziare la molla segreta, l'intenzione di quest'opera
che segna tutta una vita: la fede affettuosa, filiale se
si vuole ma non compiacente, in una Maremma che proprio
perché forte e fiera del proprio passato, guarda senza
complessi al futuro in competizione e collaborazione
pacifica e paritaria con gli altri che, conoscendoci
meglio grazie alle fatiche di Alfio Cavoli, meglio saranno
in grado di apprezzarci per quello che siamo. Il "Grifone
d'oro", in definitiva, se vogliamo ricorrere ad un
elementare transfert psicologico, è anche
un'autogratificazione per tutta la gente di Maremma.
Questo del resto è il comune denominatore che collega, in
una catena inscindibile, anno dopo anno, fin dalla sua
istituzione, la sequenza dei premiati in una eminente
"galleria di famiglia” nella quale da oggi anche l'amico
Alfio Cavoli ha la sua nicchia, che gli era stata
predestinata dal suo elevato, instancabile impegno
intellettuale e culturale, del quale anche noi siamo i
naturali destinatari e quindi riconoscenti debitori.
Grosseto, Cassero senese, 10 agosto 1993
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