ROSSETO
- Alfio Cavoli parla degli ultimi briganti della Maremma
come se li avesse conosciuti di persona. Elenca le loro
malefatte, ne rievoca la ferocia o la contadina ingenuità,
cita a memoria le sentenze dei tribunali che li
condannarono. Ma più che "brigantologo", come ama
definirsi, Cavoli può essere considerato uno dei massimi
esperti di storia della Maremma.
«Il Venerdì di
Repubblica»,
8 gennaio 1993, pagina 51
DOSSIER "La Banda degli onesti": Giudici, politici,
medici, insegnanti: ecco i Di Pietro sconosciuti, i
cittadini onesti, battaglieri e spesso perseguitati che
ci sono stati segnalati da quattromila lettori, di
Pietro Del Re, Barbara Frandino, Franco Recanatesi e
Paolo Vagheggi. Fotografie di Massimo Sestini.
Nato sessantacinque anni
fa a Manciano, dove per oltre tre decenni ha insegnato
nella scuola media, quest'uomo appassionato e solitario
ha dedicato la vita allo studio della sua terra,
pubblicando una trentina di libri su argomenti maremmani
di vario genere, dalla preistoria ai canti popolari,
dalla pittura al brigantaggio. Da un paio d'anni, Alfio
Cavoli è in pensione, ma continua ad approfondire il suo
eclettico sapere. Il suo nome ci è stato segnalato da
Massimo Maracci, insegnante di Bologna, per quello che
Cavoli ha fatto quand'era assessore alla Cultura al
Comune di Manciano. «Ha istituito due musei», scrive
Maracci, «e bloccato la costruzione di villaggi
turistici a Saturnia». Dal 1965 al 1990, infatti, prima
come consiglier comunale, poi come assessore, sempre
indipendente di sinistra, Cavoli ha cercato di
valorizzare il patrimonio storico-artistico di Manciano.
Per prima cosa, ha rimesso in piedi la biblotteca del
Comune. Poi, nel 1976, ha deciso di creare un museo per
raccogliere i reperti archeologici ritrovati negli scavi
lungo il fiume Fiora, che è venuto finalmente alla luce
nel 1985, dopo nove anni di battaglie burocratiche.
L'altro museo voluto e realizzato da Alfio Cavoli a
Manciano è una pinacoteca dedicata a Pietro Aldi
(1852-1888) e Paride Pascucci (1866-1954). «Sono gli
artisti più rappresentativi della regione», spiega lo
storico. «Erano entrambi di Manciano: mi è sembrato
doveroso ricordarli raccogliendo le loro opere».
Da «Il Venerdì di Repubblica», 8 gennaio 1993.
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