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dei più prolifici e capaci scrittori della Maremma, Alfio
Cavoli, è scomparso lo scorso 30 settembre 2008. Era nato a
Manciano nel 1927 e in questo "suo" paese aveva trascorso la
sua esistenza dedicando tutte le sue energie
all'insegnamento per oltre quaranta anni, alla politica
quale assessore comunale e alla cultura come scrittore e
giornalista. Per questo, nel 1993, la città di Grosseto
aveva onorato questo suo scrittore maremmano con il premio
per eccellenza: il "Grifone d'oro". Oltre a una sterminata
serie di articoli apparsi soprattutto su Paese Sera e Il
Tirreno, il nostro autore vanta la pubblicazione di oltre
cinquanta volumi dedicati alla Maremma, al brigantaggio,
alle tradizioni popolari, alla storia e all'archeologia.
Una fucina di idee coniugata alla capacità di saper scrivere
"bene" in uno stile accattivante ed entusiasta. In fondo
scrivere per Alfio non è mai stata una fatica.
L'ho incontrato spesso in
numerosi convegni e manifestazioni culturali e, più
spesso, lo ricordo presente nella biblioteca di Valentano
per trarre ancora, dai libri e dai documenti, nuovi spunti
per i prossimi studi.
«Alfio Cavoli»
Acquerello di
Giuseppe Copponi
(2018)
Quando scherzosamente lo definivo un "brigantologo", lui
sorrideva e annuiva quasi a sottolineare l'interesse
profondo per questo fenomeno tanto da essere chiamato,
da specialista, a collaborare per la realizzazione di
filmati della RAI e, soprattutto, per il film "Tiburzi"
di Paolo Benvenuti (1996).
Con lui ho avuto un fitto scambio di conversazioni
amichevoli e culturali, voleva consigli e ne dava a
profusione. Nel 1993 abbiamo collaborato alla ristampa
del volume sul "Brigantaggio nel Viterbese" apparso a
Valentano cento anni prima. Un'edizione curata
soprattutto per l'ampia e documentata introduzione, le
numerose note a piè di pagina che precisavano
storicamente e datavano gli avvenimenti raccontati
dall'anonimo di Valentano, che poi non era altri che
l'avv. Guido De Angelis, titolare della tipografia
dell'Indipendente. Il volume si completava con la
pubblicazione integrale della rarissima risposta
dell'Anomimo di Gradoli (che poi abbiamo scoperto essere
il noto don Titta Polverini) contro l'altro anonimo
valentanese che s'era permesso di definire il suo paese
"terra di briganti". Diciamo subito che don Titta, fu
uno dei primi seguaci di David Lazzaretti da Arcidosso e
uno dei primi a darsela a gambe quando l'aria per questo
"profeta dell'Armata", pericolo per il nuovo Regno
d'Italia e per la stessa Chiesa, s'era fatta pesante
tanto da essere ucciso in una processione nel 1878. Per
lunghi anni, quindi Alfio, con i suoi scritti, aveva
unito due culture, quelle delle rispettive rive del
Fiora, dalla parte laziale fino a quella toscana, tanto
che io lo avevo soprannominato "il Ponte di San Pietro"
l'unico passaggio che univa le due regioni fin
dall'antichità.
La perdita della moglie in un tragico incidente stradale
aveva comunque minato la serenità di Alfio e da allora,
a poco a poco, s'era lasciato andare. Rimaneva soltanto
una medicina: quella di scrivere e lo ha fatto
praticamente fino al momento della sua morte. Sono certo
che lassù, e non può essere altrimenti, in un angoletto,
il nostro continua a scrivere o, quanto meno, a
suggerire ancora agli amici scrittori temi di ricerche
che non aveva potuto completare e che ancora lo
appassionavano.
Da «In Castro», Notiziario gratuito dell'Associazione
Culturale "I gigli di Castro", Anno VIII - Estate
2018, rubrica Personaggi
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